Negli ultimi anni spesso le parole “Educare” e “Formare” sono state usate in modo simile per indicare quei processi nei quali avvengono cambiamenti personali in ognuno di noi a seguito di un percorso.
In realtà vengono a indicare percorsi e obiettivi diversi. Mentre educare significa modellare un soggetto sulla base di insegnamenti specifici anche se ad ampio raggio, formare vuol dire agire a 360° su tutti gli aspetti della vita di una persona. In un certo senso l’educare viene a connotarsi come una sottocategoria del formare che ingloba anche l’istruzione, il lavoro e l’orientamento al lavoro. Tutti questi aspetti sono importanti e sono intrecciati tra di loro costituendo alla fine ciò che il soggetto è (essere), che sa (sapere) e che sa fare (competenze). Pertanto la formazione è determinata dalle sfere che vanno dall’ambito personale, intrinseco e privato, a quello sociale, estrinseco e pubblico.
L’attore sociale protagonista centrale della sua formazione, intraprende un percorso che non finisce mai e che viene definito “Lifelong learning”, apprendimento che dura tutto l’arco della vita, infatti in questa accezione moderna di società della conoscenza come quella occidentale europeista, l’apprendimento si alterna all’esperienza sul lavoro in un continuum che dura appunto tutta la vita attiva del soggetto. La formazione così intesa ci riporta al concetto di Paideia di origine greco-antica che Platone stesso non vedeva come esaurita con la fine dell’apprendimento tipicamente scolastico, ma come un percorso che abbracciava tutta la vita socio-politica del cittadino. L’apprendimento viene così a connotarsi in maniera differente rispetto a come era inteso fino alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, quando l’apprendimento conseguito a livello scolastico lasciava spazio all’inserimento nel mondo del lavoro e alla costruzione di una famiglia, infine alla pensione. In estrema sintesi una volta acquisiti i “rudimenti” si imparava un lavoro con una “formazione sul campo” (apprendistato). La società così scandita con tempi dedicati allo studio e successivamente, al lavoro, in effetti era possibile anche per la tipologia di società stessa presente, che era molto più semplice di quella attuale. Da qualche decennio infatti, si parla di società sempre più complessa, intendendo anche la non capacità di un soggetto di poter far fronte alle richieste provenienti dal mercato del lavoro sempre più specializzato, poiché non in possesso di tutti gli strumenti e le risorse necessarie per affrontarlo, di converso oggi non vi è più quella linearità nella vita che era molto marcata e a cui erano abituati i nostri genitori. Nella nuova società della conoscenza la scuola è il primo step per affacciarsi e capire il mondo in cui si vive, ma essa non può bastare a formare un lavoratore che deve essere sempre aggiornato sui processi che cambiano in continuazione e sulle nuove competenze professionali richieste; ma non solo per queste ultime, ormai si parla di fornire competenze di base che permettano al soggetto di potersi orientare nella vita di tutti i giorni ed avere quella “cassetta degli attrezzi” a cui attingere per ricollocarsi nel caso di perdita del lavoro o per cambiarlo quando esso non soddisfa più le proprie esigenze.
A questo complesso argomento però va aggiunta una distinzione sul piano dei soggetti a cui si fa riferimento, infatti, mentre la pedagogia ha come target di riferimento i bambini, l’andragogia si riferisce all’educazione degli adulti. In tal senso non si tratta di adulti necessariamente “speciali”, come ad esempio i detenuti che devono essere recuperati per essere nuovamente inseriti nella società, ma si parla di un’educazione in età adulta come continua opportunità di crescita personale e professionale, di ristrutturazione, di riconversione e di ricollocazione al lavoro.
Tuttavia il percorso Formativo generale che possiede un individuo fa riferimento a tutto ciò che egli ha imparato a scuola, nella società, in famiglia, nello sport, nel lavoro e in tutte quelle occasioni che lo hanno “cambiato” e lo hanno messo in condizioni migliori per lui di crescere e raggiungere il benessere su più piani: personale, psico-fisico, economico e sociale. Quando si parla di cambiamenti a seguito di percorsi di formazione ci si riferisce a tutte quelle occasioni esperite dal soggetto durante tutta la sua vita in contesti formali (scuola, università), informali (hobby, sport..) e non formali (circoli di studio, peer education).
Dunque la formazione implica anche cambiamenti nella sfera personale, ad esempio: quando ci si mette in gioco, quando si fa leva sulle nostre abilità, quando ci si confronta con gli altri per portare avanti dei progetti, in tutte queste occasioni il soggetto impara da sé stesso in base al compito richiesto e talvolta viene accompagnato da un tutor, un facilitatore o una figura di coordinamento per imparare a stare in gruppo oppure a riconoscere i propri punti di forza. Spesso infatti nei percorsi di formazione anche formali vengono inserite delle UDA che fanno riferimento alla sfera multidimensionale del soggetto sia per prendere consapevolezza di sé in determinate circostanze, sia per riconoscere le proprie emozioni e per saperle gestire al meglio in un contesto specifico.
La Formazione così delineata viene ad essere immaginata come un reticolo con fili che partono dal centro (soggetto) e vanno verso l’esterno (sistemi educativi) per poi collegarsi ad altri fili (scambi sociali) che ritornano verso il centro sotto forma di cambiamenti interni al soggetto (crescita personale).
