Educare al cambiamento

Spesso alla parola cambiamento colleghiamo un sentimento carico di paura o di aspettative, nell’epoca in cui viviamo invece esso è diventato un sinonimo di crescita personale, di rinascita interiore, talvolta è legato anche a fattori esterni che ci vedono costretti a modificare il nostro percorso magari in modo forzato, ogni cambiamento quindi, può avere sia una natura interiore, che deriva cioè da noi stessi, dalle nostre aspirazioni o dai nostri bisogni, sia una natura esterna, derivante appunto da eventi esterni che impattano sulla nostra vita. Dunque, guardando all’infanzia, la prima riguarda i necessari stadi di sviluppo che può attraversare un bambino, l’altra, su cui vorrei concentrarmi maggiormente, riguarda la gestione da parte dei genitori dei cambiamenti avvenuti nella vita di un bambino a causa di fattori esterni.

Quali sono i cambiamenti esterni che il bambino si può trovare ad affrontare nel corso dei primi anni di vita? Essi possono essere la nascita di un fratellino/una sorellina, il trasferimento di casa ed anche di città (se si tratta di un importante spostamento), il trasferimento di scuola, la separazione dei genitori, la malattia di uno dei due, il lavoro stesso che porta la mamma o il papà a stare lontani per gran parte del tempo o che implicano lunghi viaggi, fino ad arrivare ad un lutto familiare. Talvolta i genitori ignorano che alcuni di questi mutamenti nella sfera familiare, soprattutto quando il bambino ha 2-3 anni, possano non avere una significativa influenza sulle sue abitudini o sulla sfera emotiva. In realtà la percezione del bambino, per quanto esso possa essere messo al riparo da possibili traumi o scossoni di qualsiasi tipo, è molto accentuata, egli infatti avrà comportamenti diversi nell’immediato ed essi, anche se in modo piuttosto breve nel tempo, forniranno specifiche risposte in base alla sua capacità di adattamento alla situazione. Nelle altre età, invece, la capacità di verbalizzare e tenere sotto controllo la situazione daranno una risposta diversa rispetto al bambino piccolo circa la capacità di far fronte a tali nuove situazioni. In entrambi i casi i genitori dovrebbero osservare i nuovi comportamenti, che possono andare da un attaccamento più profondo nei confronti del genitore, a crisi di pianto, alla perdita del sonno, anche a quella del cibo, ad una regressione nel controllo della minzione, a richieste di attenzione sempre più marcate e magari nascoste dietro “bizze” improvvise e tanto violente. Di norma, come detto, questi comportamenti si risolvono in breve tempo, da pochi giorni a un mese circa. L’attenzione che va posta è sull’accettazione del momento, evitando di caricarla d’ansia, per quanto possibile, e cercando di assecondare gli stati d’animo o le richieste del figlio in modo sano ed equilibrato, ovvero senza minimizzare queste richieste di attenzione e i comportamenti insoliti. Tutti questi aspetti legati a nuove situazioni e quindi a nuovi comportamenti, sono importanti anche nell’ambito scolastico, per questo sarebbe opportuno che il genitore avvertisse l’educatore o l’insegnante di ciò che la famiglia sta attraversando e chiedere di poter osservare i comportamenti del bambino nella sua permanenza all’asilo o a scuola, così da poter intervenire in modo adeguato e consapevole. Infine il genitore consapevole di questi mutamenti sul piano emotivo potrà accogliere e spiegare in modo idoneo e adatto all’età del figlio, circa la nuova situazione.

Spesso i cambiamenti, che sono aspetti fisiologici della crescita di tutti gli esseri umani, possono essere anche un misto tra situazioni interne/esterne come ad esempio l’autonomia del vasino, o l’autonomia nel mangiare, l’addormentamento e il vestirsi, questi infatti, non sono veri e propri cambiamenti sentiti internamente ma sono piuttosto frutto dell’educazione all’autonomia che i genitori devono attuare nelle varie tappe di sviluppo del proprio bambino. L’educazione all’autonomia si configura sia come esigenza del bambino nel riconoscimento del bisogno e quindi di richiesta di autonomia, ad esempio dal pannolone, sia come stimolo da parte del genitore a renderlo autonomo da quest’ultimo, in tal senso è un cambiamento che nel bambino può generare ansia o serenità dipendenti dalla risposta dei genitori stessi, pertanto i tempi in cui avvengono e le modalità con cui vengono affrontati sono fondamentali. Quanto più il genitore metterà in atto atteggiamenti positivi, sereni e rassicuranti nell’affrontare il nuovo traguardo, tanto più il bambino raggiungerà l’autonomia in modo graduale ma sicuro.

Pertanto i comportamenti da tenere in considerazione, soprattutto nei primi anni di vita, sono dovuti al disagio provato dal bambino e che non sa controllare, come ad esempio: accentuati capricci, tanto da far dire ai genitori che il loro bambino è diventato un altro, oppure stati di estrema tristezza e mutismo generalizzati. In genere i genitori si accorgo del cambiamento del bambino ma non sanno come gestire la situazione oppure non l’affrontano. C’è anche il caso in cui i genitori non se ne accorgono. Nell’ultimo caso spesso i colloqui con le educatrici o dei familiari portano alla luce una situazione di sofferente disagio del bambino, ai quali il genitore di solito reagisce con stupore per poi affermare che in ambito familiare ci sono stati dei cambiamenti. Altre modalità messe in atto dal bambino possono essere: improvvise crisi di pianto o di rabbia, oppure atteggiamenti aggressivi sia verso gli altri che verso gli oggetti, in altri casi ci possono essere delle vere e proprie regressioni a stadi di sviluppo precedenti, che in genere sono normali ma quando accadono in momenti di cambiamento esterno non vanno sottovalutati. Ne sono un esempio la pipì a letto e/o a scuola, non voler dormire da solo, voler stare “attaccato” alla mamma e altri segnali che sono direttamente collegabili a precedenti modalità di fare del bambino “piccolo”. La scoperta di situazioni di disagio possono essere espressi anche con il disegno e nella scelta di alcuni colori, in questa attività il bambino esprime tutto il suo disagio, in questo caso è importante saperne leggere il “contenuto” ma non bisogna esagerare o passare a conclusioni affrettate. Ci possono essere, infatti, dei bambini che apparentemente sono sereni (cioè non presentano i comportamenti suddetti) tuttavia nel disegno, per un periodo più o meno lungo, eseguono ripetuti segni grafici che possono essere letti come espressioni di disagio. L’importante è che in questa fase i bambini vengano stimolati a verbalizzare ciò che disegnano e quindi farli esprimere il più possibile, la stessa cosa deve avvenire per gli altri comportamenti, infatti i bambini che esprimono un disagio non vanno colpevolizzati o sgridati ma vanno aiutati attraverso l’ascolto e compresi, bisogna che si sentano accolti e coccolati, seppur in situazioni di naturale stress anche per il genitore, è necessario che si mantenga la stessa serenità precedente all’evento che ha scatenato il cambiamento.

Soltanto attraverso il riconoscimento del disagio del proprio bambino e l’affrontare il cambiamento insieme a lui con serenità e calma si riuscirà a fargli affrontare il disagio che prova in maniera più positiva possibile, questo è importante anche per lo sviluppo futuro, poiché molte paure e insicurezze sono generate dalla mancanza di adozione da parte dei genitori di modalità chiare e sicure di gestione del cambiamento. E’ importante anche dare il tempo necessario. Quando il bambino si sentirà rassicurato i disagi spariranno da soli, il comportamento ritornerà quello di un tempo e la crescita raggiunta in modo sereno e sicuro darà al bambino l’opportunità di raggiungere altre mete e altra autonomia.

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